Abito e accessori sposa

La ricerca del mio abito si è concentrata in cinque negozi girati in cinque week-end; convinta che il soddisfacente sia meglio dell’ottimo, mi ero data un un mese di tempo, alla scadenza del quale avrei preso il più bello tra quelli provati.
Ed effettivamente, avendo le idee molto chiare, alla fine sono ritornata su uno dei primissimi abiti su cui avevo puntato gli occhi.
Queste idee molto chiare consistevano nell’evitare accuratamente l’effetto bomboniera e l’effetto principesco tanto ricercato dalle mie colleghe spose soprattutto al Sud (al Nord cominciavano ad andare di moda le trasparenze con ricami floreali effetto tatuaggio: mi aveva colpito qualche immagine su internet ma non se ne vedevano ancora tanti in giro come quelli che ho visto nelle stagioni successive). Niente pizzi e niente cerchi. Ho scelto un abito di seta che prendesse la forma del mio corpo, arricchito con cristalli swarovski, e che avrebbe potuto benissimo essere un abito da sera se non fosse stato per lo strascico e per il velo, rigorosamente lungo (per non spezzare la figura), a taglio vivo e senza ricami.
E siccome Leonardo e io non siamo certo fanatici delle tradizioni (grande soddisfazione per me è stata averlo pagato con la mia carta di credito), siamo andati in giro insieme a cercarlo, ed è stato bellissimo. Solo per puro caso è successo che proprio quell’abito lui non l’avesse visto: si trattava infatti di un atelier sia per uomo che per donna per cui, mentre io ero a fare le mie prove con mia madre e con la mia testimone Paola, lui era con il suo testimone Daniele a fare le sue nella stanza accanto. Mamma e Paola hanno subito dato l’OK. E nei giri successivi fatti con Leonardo non ho trovato nulla che mi colpisse allo stesso modo. Non sono arrivata alle lacrime come succede ad alcune, ma sapevo che poteva essere quello giusto. Una volta confermata la scelta, ho deciso comunque di proseguire le mie prove da sola per mantenere a quel punto la sorpresa per Leonardo.
L’abito è stato apprezzato da tutti per la sua semplicità: molti mi hanno detto che era proprio fatto per me.
Come successo con molti fornitori, è stato il servizio a non essere all’altezza delle aspettative. Rosa, dell’atelier Novarese, mi aveva promesso in fase di vendita un abito fatto su misura, mettendomi una certa fretta sui tempi.
Il 29 marzo ho fatto partire l’ordine, dopodiché sono stata chiamata a giugno per la prima prova… alla quale mi sono ritrovata un abito enorme! Inizialmente hanno cercato di accusare me del fatto che fossi dimagrita eccessivamente senza avvisare. Io ho perso un paio di chili, ma alla fine quello che è venuto fuori è che loro partivano da un abito pre-confezionato a cui applicavano gli aggiustamenti necessari… e nel mio caso erano partiti da una 42. Io sono una 38-40. Per fortuna mia madre, che era sarta, ha fatto loro il giusto challenge spiegando che non si trattava di ritoccare qualcosa qua e là… era un vestito da rifare da capo! E il colpo finale l’ha dato Leonardo quando, vedendomi tornare a casa così delusa, è corso lì per ribadire in maniera decisa che, visto il costo e l’occasione, l’abito doveva essere non meno che perfetto. Abbiamo ottenuto un nuovo appuntamento per prendere le misure, questa volta con il proprietario, e alla fine ho avuto il mio abito “giusto”. L’unico punto su cui ha continuato a fare difetto, e in alcune foto si vede, è il seno: l’abito era scollato e non permetteva l’utilizzo di un reggiseno (l’unico capo di biancheria che ho dovuto comprare è stato un paio di slip senza cuciture color carne), e il tessuto era talmente sottile che l’aderenza avrebbe dovuto essere massima per sostenere; essendo invece un po’ abbondante, ha richiesto l’inserimento di coppe che io stessa ho dovuto procurare.
La cosa spiacevole è che, mentre in fase di vendita hanno continuato a dirmi che avrebbero curato ogni singolo dettaglio per adattarlo alle misure del mio corpo, durante le prove le frasi che mi sono sentita ripetere erano del tipo “sei bellissima così, un po’ di pieghe è normale che le faccia un vestito del genere, cosa ti aspetti?”.


Avendo scelto un abito molto semplice, ho potuto osare di più con le scarpe: anziché le solite décolleté bianco perla, ho optato per dei sandali gioiello (anch’essi in seta e swarovski) che non è stato banale trovare. Ad avermi soddisfatto, per bellezza e comodità, è stato un paio di Penrose fornitemi da Le Spose di Katia, la quale – nonostante i continui ritardi non comunicati (andavamo lì alla data concordata e le scarpe non erano arrivate, lei non ci aveva avvisato e ci chiedeva di ritornare in un altra data… e la storia si è ripetuta più volte) – è riuscita anche a farmi modificare l’allacciatura che faceva difetto e a farmi uno sconto su un prezzo di partenza non banale. Sono talmente belle che le ho indossate in più di una occasione dopo il matrimonio.
Per quanto riguarda i gioielli, ho voluto indossare il minimo. Décolleté libero, essendo già contornato dagli swarovski sul vestito, e niente bracciali o orologio che mi sembrava spezzassero l’armonia delle mie braccia abbronzate. Ho spostato fedina e veretta sull’anulare destro per lasciare spazio alla fede e mi sono fatta dare dall’atelier qualche cristallo in più affinché la mia collega Paola, appassionata di fai-da-te, potesse realizzarmi degli orecchini semplicissimi ma belli, che richiamassero il vestito.
Abito e accessori sposo

L’abito di Leonardo l’abbiamo scelto assieme, all’outlet Lanificio F.lli Cerruti di Biella.
E’ di una sobrietà e di un’eleganza uniche: un classico nero senza troppo lucido, brillantini o tagli stravaganti, più volte utilizzato per altre cerimonie; impreziosito per l’occasione da gilet e cravatta in coordinato grigio. Una linea sciancrata portata benissimo da un fisico snello come il suo!
In questo caso anche il servizio è stato ottimo: l’addetta alle vendite ci ha seguito con gentilezza e ci ha fatto un ottimo prezzo, tant’è che nello stesso negozio Leonardo ha comprato un altro paio di pantaloni da lavoro e io un tailleur.
Dopo esserci guardati intorno alla ricerca dei gemelli adatti, abbiamo optato per qualcosa di particolare e simbolico: quelli che il nonno Celso aveva fatto realizzare con dei microchip trafugati dalla Germania dove era stato prigioniero durante la Seconda Guerra Mondiale.
Cintura e scarpe, anche queste semplici ma giovanili (e riutilizzabili), le abbiamo prese da Fabi all’outlet di Vicolungo.
Trucco

Nonostante mi abbiano detto che stavo trascurando uno dei dettagli più importanti, ho scelto all’ultimo l’estetista e non vi ho dato grande peso. Dopo una veloce ricerca sul territorio (non vivendoci non avevo riferimenti, e in generale non sono una frequentatrice di centri estetici) ho chiesto a una compaesana, spinta dalle belle foto che avevo visto del suo viso valorizzato per il giorno del matrimonio: si era fatta truccare da Mery Lentini, di Vibo. Non ho fatto grandi trattamenti, né prove: sono stata attenta ad abbronzarmi in maniera uniforme, a mangiare bene e tenere le unghie lunghe… Dopodiché mi sono vista con lei il giovedì prima del matrimonio per fare manicure e pedicure e il giorno stesso per il trucco. A occuparsi di mani e piedi in realtà è stata sua madre, che durante tutto il trattamento ha cercato di evangelizzarmi. Ho scelto uno smalto semi-permanente rosa lattiginoso con una leggera french, niente che non avrei potuto realizzare da sola, ma mi sono concessa questa coccola… Anche se Mery ha poi dovuto riprendere il lavoro il giorno del matrimonio perché in un paio di punti (e proprio sull’anulare!) era crepato. Mery ha saputo valorizzare i lineamenti del mio viso con una particolare attenzione agli occhi, dal momento che Leonardo aveva chiesto espressamente di evitare il rossetto.
Capelli

Anche per la scelta del parrucchiere non ho speso troppo tempo: volevo semplicemente qualcuno che fosse un minimo aggiornato e non mi proponesse boccoli da bambola.
Ho domandato a mia cugina Elisa, che fa questo mestiere, e ovviamente mi ha indirizzato verso il salone presso il quale lavorava: Capelli & Company, di Lucia Simonelli, a Tropea.
In questo caso ho fatto qualche prova, in uno dei weekend preparatori in Calabria, e ho scelto uno chignon alto semplice (che poi è venuto un po’ elaborato perché “proprio così banale non si può”) con una rosa fresca come unico accessorio (“perché devono essere per forza dispari”).
La cosa che mi stupisce sempre è che per la sposa il servizio si arricchisce di una serie di cose inutili per giustificare un prezzo pari a 10 volte quello che si pagherebbe per un’acconciatura da semplice ospite… ma sono piccoli elementi che si mettono in conto e per fortuna lei è stata discreta abbastanza da evitarmi l’incombenza il giorno stesso del matrimonio. Nel complesso comunque sono rimasta soddisfatta.