“Si potrebbe pensare, osservando superficialmente, che la crescente autonomia del bambino piccolo sia il contrario di legame, ovvero, che un intenso legame tra bambino e madre potrebbe indebolire tale sviluppo. Il contrario di legame, invece, è non-legame; l’indipendenza si trova in un’altra dimensione. Indipendenza e legame non solo non sono contrari, ma hanno un effetto l’uno sull’altro: un legame sicuro con i genitori rende possibile e favorisce lo sviluppo dell’indipendenza; un legame mancante o debole lo ostacola.”
E. Weber, Portare i piccoli
Inizio l’articolo con questa citazione perché parto dal presupposto che portare i bambini, in braccio o con un supporto, sia sano; è un modo tradizionale e universale di stare con loro per trasportarli e accudirli e permette di rispondere al loro bisogno primario di contatto e di diminuirne il pianto.
Non mi dilungo oltre per convincere chi non condivide quest’idea dei benefici del mettere in atto il nostro istinto di animali portatori, ma pubblico la mia esperienza perché sarebbe bello che chi invece la condivide potesse compiere questo gesto sano in maniera veramente sana… cosa che io ho rischiato di non fare, se non avessi avuto lo stimolo di un’altra mamma.
OK, portare è bello, ma in che modo?
Quando aspettavo Edoardo, domandavo a chi era già mamma se usasse o avesse usato fascia o marsupio come se si trattasse di due correnti di pensiero alternative. Avevo visto la foto di una compagna di palestra con la fascia e la foto di una compagna delle superiori criticata per la posizione fronte-mondo della figlia nel marsupio; una parente ci spronava a comprare il BabyBjiorn perché è l’unico marsupio che dà un buon sostegno alla testolina del bambino; una collega usava il marsupio ma mi consigliava di approfondire perché le era capitato di essere avvicinata da una mamma che la metteva in guardia sulla pressione ai genitali.
Con questa accozzaglia di informazioni in testa, sono giunta al parto con una fascia elastica usata da una collega di Leonardo e un marsupio BabyBjiorn messo in lista nascita su consiglio della cugina. È stato Leonardo il primo a cimentarsi nell’utilizzo della fascia, nel tentativo di darmi una mano nei primi giorni di vita di Edoardo tenendolo legato a sé quando io avevo bisogno di qualche momento di tregua e lui aveva bisogno delle mani libere per lavorare al PC. Io pensavo che avrei utilizzato il marsupio, poiché – dovendo allattare molto spesso – il lega e slega della fascia sarebbe stato poco pratico; l’ho provato una volta e l’ho trovato “rigido”.
Poi, per fortuna, una mamma del corso di accompagnamento alla nascita, che aveva già l’esperienza di un altro figlio alle spalle, mi ha aperto un mondo, il mondo del babywearing: ho scoperto l’esistenza di una scuola del portare, di consulenti a sostegno, di supporti ergonomici. E così ho iniziato ad approfondire l’argomento, leggendo e partecipando a incontri informativi.
È importante sapere che…
Grazie alle letture, agli insegnamenti della bravissima Chiara Lo Nardo (consulente del portare a Novara) e al confronto continuo con le mamme portatrici, radunate virtualmente dal gruppo Facebook Piazzetta Babywearing, ho imparato che, per una buona pratica del portare, occorre prestare attenzione a una serie di fattori.
- Non tutti i supporti in commercio sono idonei; lo sono quelli caratterizzati da tessuto traspirante, tessitura a trama incrociata, colorazione atossica, morbidezza, seduta ampia, orli rifiniti e rintracciabili (se si tratta di una fascia) e corretta distribuzione del peso (che ovviamente dipende anche dalla legatura).
- È fondamentale rispettare la fisiologia del bambino (naturale cifosi della colonna vertebrale, posizione a M delle gambe, testa sostenuta, corpo appoggiato a quello del genitore come se fosse in braccio) e quella del genitore (portando il bambino in alto e vicino e mantenendo un equilibrio generale che permetta di staccare le mani).
- Portare i bambini rivolti in avanti è fortemente sconsigliato (non vale se il bambino è tenuto in braccio), perché: la schiena del bambino, appoggiata al tronco del genitore, si inarca; il bambino non ha modo di appoggiare testa, mani e piedi se vuole riposare; le gambine rimangono penzoloni, con anca e femore che assumono una posizione scorretta e il peso interamente scaricato sui genitali; il bimbo non può ritrarsi dagli stimoli eccessivi, viene meno il ruolo di filtro e contenimento del genitore; essendo mani e piedi liberi di muoversi verso l’esterno, il baricentro si sposta in avanti e il portatore tende a inarcare la schiena, sovraccaricandola.
- Quando si porta, è bene prestare attenzione al vestiario in base alla stagionalità. Teniamo presente che il babywearing viene praticato tanto dalle madri africane quanto dalle eschimesi, per cui non esiste il troppo caldo o troppo freddo per portare. Anzi, il contatto pelle a pelle funge da termoregolatore. Quindi è importante non coprire troppo il bambino e prestare ascolto ai segnali di benessere o malessere che manifesta.
Com’è andata con Edoardo
Dopo aver appreso le regole d’oro per portare in sicurezza, abbiamo subito restituito il marsupio BabyBjiorn e iniziato a utilizzare la fascia elastica (nel nostro caso marca Babylonia), che è il supporto migliore per i neonati dalla nascita fino ai 6/7 kg. Purtroppo, anche i supporti ergonomici sono accompagnati da guide non sempre affidabili, per cui approfondendo ho scoperto che la posizione a culla, che Leonardo aveva provato nelle sue prime legature, non è l’ideale. Ho adottato così la legatura triplo sostegno, abbastanza semplice da poter essere appresa guardando un tutorial su YouTube.
Avere Edoardo legato a me è stato talmente bello che ben presto sono arrivata a considerare la fascia uno dei pochi accessori veramente utili nell’accudimento di un bambino piccolo. L’unica difficoltà era, nei momenti in cui eravamo soli e il bisogno di contatto era imminente, farlo pazientare qualche minuto durante la preparazione della legatura; ma, una volta dentro, cadeva in un sonno profondo che durava circa tre ore. In questo tempo, avendo le mani libere, io potevo fare di tutto: pulire casa, stirare, cucinare, mangiare, oltre alle attività più ovvie come leggere, scrivere o passeggiare. L’allattamento non è stato un problema come temevo perché, essendo sempre a contatto, Edoardo non aveva più bisogno di stare attaccato alla tetta, limitando le poppate ai veri momenti di fame: diventavano così meno frequenti ma più consistenti; inoltre, essendo la legatura triplo sostegno pre-annodata, era possibile sfilare e infilare il bambino senza dover rifare il lavoro.
Avendo appurato anche con la pratica quanto fosse importante portare, e portare bene, alla prima occasione ho partecipato a un incontro formativo con Chiara. All’epoca Edoardo aveva 6 settimane, per cui ho imparato un’altra legatura pancia a pancia, la X fasciata, che va bene dal mese di vita. Avendo Edoardo superato i 5 kg di peso e avvicinandoci alla stagione calda, in quell’occasione ho acquistato una fascia lunga rigida BabyMonkey. È legati con questa fascia che abbiamo trascorso le serate del nostro primo viaggio in Calabria (comprese due feste di matrimonio), tra lo stupore di chi mi vedeva cullare il mio bambino e allo stesso tempo rimanere attiva, e la perplessità di chi si domandava se fosse veramente comodo, “poverino” (la sua serenità era la risposta…).
Quando il bambino tiene bene i muscoli del collo (indicativamente dal terzo mese), si possono usare anche il mei tai e la fascia ad anelli.
Il mei tai è un supporto semi-strutturato, una via di mezzo tra una fascia e un marsupio. Abbiamo deciso di prenderlo quando Edoardo aveva poco più di 2 mesi per facilitare Leonardo nel portarlo; infatti, i papà hanno spesso meno dimestichezza con le fasce perché hanno meno tempo per imparare e meno occasioni d’uso. Il nostro mei tai Fidella è stato più un supporto per “trasportare” che per “stare”: l’abbiamo utilizzato ad esempio per portare Edoardo in piscina o dalla pediatra, luoghi dove il passeggino risultava inaccessibile. Nonostante la semplicità d’uso, il mei tai è un po’ più rigido rispetto alla fascia: Chiara li ha paragonati a un vestito pre-confezionato e adattato rispetto a un vestito realizzato su misura e più “calzante”. È comunque un comodo supporto che più avanti potremo usare per portare sulla schiena; non si presta invece a portare sul fianco.
Un papà che porta può:
- entrare presto in relazione con il bebè
- offrirgli un punto di vista diverso da quello della mamma
- essere un sostegno e un riferimento per la mamma
- essere un esempio per i figli e per altre famiglie
A partire da fine luglio (Edoardo aveva quasi 5 mesi) ho iniziato a portare sul fianco, posizione consigliata quando il bambino comincia a controllare la seduta. Con Chiara ho imparato due legature con la fascia rigida lunga (amaca sul fianco e sling sul fianco) che a dire il vero ho usato poco, perché contestualmente a quel corso ho voluto comprare una fascia ad anelli (marca Diva). La fascia ad anelli è agevolissima da indossare: l’abbiamo utilizzata molto nel corso dell’estate per gli spostamenti brevi, ad esempio dalla macchina alla spiaggia o in paese. Quella sul fianco non è una posizione comoda come davanti o dietro, essendo asimmetrica, dunque non andrebbe bene per lunghe passeggiate; ma è il modo migliore per assecondare le prime esigenze di “apertura” del bambino continuando ad assicurargli la possibilità di rannicchiarsi verso il corpo del genitore.
Quando Edoardo ha iniziato a stare seduto correttamente, ovvero a 6 mesi, ho frequentato il corso per portare sulla schiena. Sembrava presto, invece è il momento migliore, prima che il bambino inizi a muoversi troppo. La prima cosa che Chiara ci ha insegnato è stata accompagnare il bambino sulla schiena partendo dal fianco; anche se mi sento sempre più sicura quando c’è Leonardo ad assistermi, devo dire che non è difficile fare la legatura dietro da soli. La legatura che ho imparato si chiama canguro sulla schiena e ha una serie di varianti con cui sbizzarrirsi (io di solito ne memorizzo una e vi rimango affezionata). Quando Edoardo era ancora piccolissimo, una mia zia mi disse “lo porti come fanno le africane, loro addirittura lo mettono dietro il bambino, io non mi fiderei senza vederlo”. Infatti, iniziare a portare pancia a pancia per poi passare alle altre posizioni è un percorso che viene proposto al genitore occidentale, che ha più bisogno del contatto visivo per comunicare con il proprio bambino e di isolarlo dal resto del mondo; la legatura sulla schiena rappresenta dunque una fase di maturità e indipendenza, a cui soprattutto la mamma deve sentirsi pronta. Per noi è stato subito bellissimo guardare insieme il mondo nella stessa direzione. Ovviamente l’utilizzo della fascia si è via via modificato: se prima Edoardo ricercava continuamente il contatto, piano piano ha imparato a stare da solo ricercando il mio sguardo, poi da solo anche semplicemente avvertendo la mia presenza tramite la voce e infine da solo con persone diverse dalla mamma (per qualche ora!). Parallelamente al percorso di indipendenza, si sono sviluppate le sue abilità motorie e questo è sia causa che conseguenza del fatto che in casa da diversi mesi rimane libero sul tappetone o sul pavimento. La fascia è diventata così più un mezzo di trasporto (abbiamo fatto una bellissima “fasceggiata” nei boschi con Chiara e i genitori portatori della zona), anche se non mancano i momenti in cui la usiamo in casa per riuscire a completare dei lavori che non mi permettono di seguire Edoardo nei suoi movimenti ormai rapidi; mi stupisco sempre di come legarlo a me sia l’unico modo per farlo stare fermo volentieri: osserva quello che faccio e il più delle volte crolla con la testolina tra le mie scapole.
A differenza di quello che molti pensano, è possibile portare senza troppo sforzo bambini anche grandicelli, per cui il nostro percorso non finisce qui. Sicuramente imparerò da Chiara altre legature sulla schiena e ho in programma l’acquisto di un marsupio strutturato, che può essere comodo ad esempio per le passeggiate in montagna. Il marsupio è spesso prescelto perché più immediato e meno complesso e viene visto dai papà come più maschile; ma sarebbe bene non usarlo prima dei 5 mesi: la fascia rimane il supporto ideale per un neonato, perché si modella sulle sue forme senza schiacciarlo o sollecitarlo su colonna, anche e genitali. La risposta alla domanda iniziale “fascia o marsupio?” dunque è: inizialmente fascia, poi anche marsupio purché sia ergonomico; da evitare dunque i vari Chicco, BabyBjorn, Stokke e marchi commerciali proposti spesso dai negozi dove si fanno le liste nascita.
Update aprile 2018
A dicembre, quando Edoardo aveva 9 mesi e si tirava su in piedi da solo da un pezzo, approfittando degli ultimi giorni a casa in maternità ho frequentato il corso per portare sulla schiena avanzato e ho imparato la legatura a doppia amaca. È una legatura molto sostenitiva anche per bambini grandicelli e la uso sopratutto nel fine settimana per stirare.
A Natale ho poi regalato a Leonardo il marsupio ergonomico Regolo (BabyMonkey) che, oltre ad avere bellissime fantasie, è molto comodo e pratico. Lo usa per portare Edoardo durante le passeggiate, le uscite in città ma anche per addormentarlo alla sera.
Su mio suggerimento, sua mamma gli ha fatto un regalo complementare, ovvero la giacca Mamalila con inserto sia davanti che dietro per portare il bambino. La nostra opinione di questo prodotto è positiva, non tanto perché necessario (per portare d’inverno ci sono diverse soluzioni anche più economiche), ma perché è una giacca calda con un bel taglio ed è bello vedere quel fagottino dolce dentro un indumento del papà; c’è pero da dire che non l’abbiamo sfruttata moltissimo perché, se è comoda per le passeggiate, non si presta bene ai sali-scendi delle commissioni veloci e magari in macchina.
Con questi nuovi pezzi, anche se non si smette mai d’imparare, dovremmo aver acquisito un bagaglio di strumenti e informazioni sufficientemente ricco e variegato per affrontare i prossimi anni da portatori!
Una risposta a "Fascia o marsupio? La mia esperienza con il babywearing"